Siamo veramente in salute?

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Dottoressa Patrizia Gentilini Ematologa e Oncologa

Una delle più frequenti obiezioni che viene mossa a noi medici “allarmisti” è che, in barba ai rischi ambientali, la speranza di vita – almeno nei paesi occidentali – non solo è cresciuta, ma sta ulteriormente aumentando. Sembrerebbe quindi che i veleni (metalli pesanti, agenti cancerogeni, diossine, parti- colato ultrafine, pesticidi, radiazioni e chi più ne ha più ne metta….) per i quali tanto ci agitiamo, non fossero poi così pericolosi né in grado di danneggiare più di tanto la nostra salute.

Forse, ancora una volta, purtroppo, i dati ci danno ragione: anche i più recenti dati dell’Eurostat confermano ciò che da alcuni anni era noto, ossia che nel nostro paese aumenta sì l’aspettativa di vita alla nascita, ma è purtroppo in drastica diminuzione la speranza di vita in salute, ovvero viviamo di più ma sempre più da ammalati!

  • Cosa ci dice questo grafico?

Nel 2004 l’Italia era, come si può vedere dal grafico linea verde, fra i migliori paesi in Europa e per chi nasceva nel 2004 le femmine, all’età di 65 anni, avevano mediamente altri 11 anni da vivere in salute e i maschi oltre 12. Per i nati nel 2012 invece la speranza di vivere in salute dopo i 65 anni è di 7 anni per le femmine e di quasi 8 anni per i maschi e siamo addirittura al di sotto del valore medio che si registra in Europa! Come è stato possibile “perdere” in soli 8 anni oltre 4 anni di vita in buona salute per i nuovi nati?

 

  • Cosa sta succedendo?

È sotto gli occhi di tutti che la nostra salute sta rapidamente deteriorandosi per l’aumentare di patologie cronico-degenerative, in particolare malattie metaboliche, diabete, ipertensione, patologie endocrine, neurodegenerative (in particolare malattia di Alzheimer e morbo di Parkinson) e disturbi neurocomportamentali: per le patologie dello spettro autistico vi è nei bambini un incremento di prevalenza da 1:1200 a 1: 88 in tre de- cenni!

Anche il cancro, in particolare alcuni tipi di tumore a: prostata, pancreas, mammella, tiroide, linfomi, è in aumento e ciò che più sconcerta è che ormai a essere affetti non sono solo gli anziani, ma sempre più spesso giovani e bambini. Purtroppo anche qui, ancora una volta, il nostro paese ha un ben triste primato: come si evince dalla sottostante Tabella nei paesi del Nord Europa (NORDCAN) si registrano annualmente, per ogni milione di bambini maschi da 0 a 14 anni 169 nuovi casi di cancro e nelle femmine 150. Negli Stati Uniti se ne registrano nei maschi 179 e nelle femmine 159 mentre in Italia rispettivamente 191 nei maschi e 163 nelle femmine.

  • Cosa dobbiamo pensare?

Certamente anche la crisi che coinvolge il nostro paese (ma che certo non risparmia anche gli altri paesi europei) ha un ruolo non secondario, ma dobbiamo chiederci se altri fattori possono entrare in gioco, attori non solo legati allo “stile di vita” (costantemente invocato tanto da farci spesso sentire in colpa per le disgrazie che ci capitano!) ma anche a fattori non dipendenti dalle nostre scelte quali i fattori ambientali, ovvero dove viviamo, quali inquinanti ci sono nell’aria che respiriamo o nel cibo che mangiamo e che sono tanto più pericolosi quanto più precocemente avviene l’esposizione.

È ormai assodato che la vita fetale è il momento più cruciale per la nostra salute non solo nell’infanzia ma anche nell’età adulta e che molte patologie possono avere la loro origine in una sorta di “programmazione disturbata”di tessuti e organi che avviene già nella vita intrauterina.

Numerosi studi condotti in Europa e USA hanno rilevato la presenza di centinaia di molecole chimiche di sintesi, molte delle quali estremamente pericolose, tossiche e cancerogene (mercurio e metalli pesanti in genere, ritardanti di fiamma, pesticidi, policlorobifenili PCB e altri perturbatori endocrini) in placenta, nel sangue cordonale e nel latte materno e lavori pubblicati su prestigiose riviste, come The Lancet, hanno messo in relazione l’insorgenza di tumori e disturbi cognitivi nell’infanzia con esposizioni ambientali. In particolare nel novembre del 2006 un articolo pubblicato su The Lancet a firma di un pediatra (Landrigan) e di un epidemiologo (Grandjean), della Harvard School of Pubblic Health aveva posto con forza il problema di una possibile “pandemia silenziosa” circa i danni neuro-psichici che si starebbe diffondendo, nell’indifferenza generale, interessando il 10% dei bambini del cosiddetto mondo occidentale. A distanza di sette anni gli stessi Autori (Grandjean e Landrigan) hanno aggiornato, ancora sulle pagine di The Lancet, i dati della letteratura scientifica sul “pandemia silenziosa”, sottolineando come alcuni recenti studi prospettici, in cui sono state misurate le esposizioni materno-fetali, abbiano hanno documentato effetti neurotossici a livelli di esposizione molto più bassi di quelli prima ritenuti sicuri.

Come è possibile che queste problematiche siano così gravemente trascurate non solo dai politici che compiono costantemente scelte dalle indubbie conseguenze sulla nostra salute (si pensi al riutilizzo delle ceneri degli inceneritori nel cemento o al via libera alle trivellazioni per la ricerca del petrolio del recente decreto “sblocca Italia”), ma spesso dalla stessa classe medica, volta più a cercare di porre rimedio che a preoccuparsi adeguatamente di indagare e operare per rimuovere i rischi ambientali?

Concludendo, risulta difficile non pensare che i tristi primati sopra ricordati non siano correlati all’altro triste primato che deteniamo nel campo della corruzione: l’ultima graduatoria di Transparency International segna infatti un grave arretramento del nostro Paese per cui, rispetto al 2011, su 174 nazioni prese in considerazione, l’Italia scivola dal 69esimo al 72esimo posto, superata da Ghana, Romania e Brasile. Va ricordato che un paese corrotto non paga solo un prezzo sul piano economico, ma anche sul piano ambientale e quindi della salute perché i controlli sono assenti o inadeguati e un paese più inquinato è anche un paese più ammalato.

Crediamo con grande fermezza che l’impegno nell’assistenza e nella ricerca debba necessariamente essere affiancato anche dall’attenzione sul versante della riduzione dell’esposizione agli inquinanti ambientali, ovvero sulla Prevenzione Primaria.

Patrizia Gentilini